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La Conquista di Roma 329

la secchezza, l’aridità di quella esistenza tumultuosa di don Silvio, e la morbidezza poetica di quella acconciatura di donna, laggiù, nel grande turbamento tenero e sensuale che dànno tutte le cose che hanno toccato il corpo femminile.

Finalmente, alle dieci, si udì aprire e chiudere qualche porta, qualche voce parlò sommessa: e Sangiorgio, preso alla gola dalla soffocazione di un desiderio, chiuse gli occhi per salvarsi dallo spettacolo abbagliante della bellezza di donn’Angelica. Ma niuno comparve, un rotolìo sordo si udì nel cortile e sulla Piazza dell’Apollinare.

«Donn’Angelica è partita pel Quirinale,» disse quietamente don Silvio, aprendo la Riforma che gli avevano portato allora. «Non andate anche voi, Sangiorgio?»

«Più tardi,» rispose fievolmente Sangiorgio che era diventato pallidissimo.


Nella bianchissima luce elettrica che illuminava lo scalone d’onore, le donne ascendevano lentissimamente, posando appena il piede calzato di raso sul tappeto: e con lo strascico abbandonato, il ricco mantello di lana bianca molle e caldo sulle spalle nude, la testa ingemmata o

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