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144 la mano tagliata.


— Che sarà? — disse Rachele, di nuovo esitante e sgomenta.

— È il portinaio che dorme, — disse Rosa, che aveva riacquistata tutta la sua disinvoltura.

Bussò ancora tre colpi, forti. Un passo strascinato si udì, e una voce sonnacchiosa chiese:

— Chi è?

— Amici, — disse Rosa.

— Chi siete? — replicò la voce maschile, che era rude.

— Amici del conte Lambertini.

— Ah! Non ci è, il conte. —

Le due donne si guardarono, esterrefatte. L’avvenimento non era grave; ma era il solo che non avevano preveduto. Ma Rosa si decise, subito.

— Portinaio, quando rientra il conte?

— E chi ne sa nulla! — gridò quello, con voce arrabbiata. — Non me lo dice mai a che ora rientra.

— Non deve stare molto, però, portinaio!

— E che ne so? — disse l’altro, soffocando una bestemmia.

— Portinaio, apriteci, — disse Rachele che fremeva tutta.

— E chi siete?

— Due donne, apriteci, — ella replicò, volendo violentare la mala fortuna di quel momento.

— Voi siete pazze, a quest’ora. Andate a cercare fortuna altrove. —

E si udì il passo che si allontanava, di nuovo.

— Che facciamo? — chiese Rachele, a Rosa, torcendosi le mani.

— Aspettiamo un poco.

— Qui, sole, allo scuro? E se non rientra?

— Non è possibile!

— Che ne sappiamo, noi, della sua vita? — disse Rachele, con una certa amarezza.

— Un giovanotto che vi vuol tanto bene! —