Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/54

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48 la mano tagliata.


— È il quartiere della tua gente.

— Io lo odio, — ella replicò, tetramente.

— Odî la tua gente?

— Sì, — diss’ella, con energia.

— Anche me?

— Vi rispetto e vi amo, voi.

— Ma mi disubbidisci.

— Non voglio morire, ecco, padre.

— Questa è una delle migliori case del Ghetto. Non ti manca nulla; sei servita; che vuoi? — disse il vecchio, con amarezza.

— Andar via di qui! — disse lei, subito.

— Via? Dove?

— Via: dovunque. Fuori di qui! Ci muoio, padre.

— Via sola?

— Via, con voi, — ella disse, a bassa voce.

— O sola; andresti anche sola, — mormorò il vecchio Mosè, sempre più amaramente.

Ella tacque.

Un silenzio si fece, in cui non si udiva che lo scricchiolìo dei ferri di Rosa e qualche sbuffo della pipa di Mosè.

— Che è questo libro, che ti sei fatto comperare da Giacobbe? — domandò Cabib, a un tratto.

— È un romanzo, — diss’ella, semplicemente.

— I libri guastano la testa.

— Quello è un libro onesto, padre.

— Che ne sai tu?

— Me lo hanno detto.

— Chi te l’ha detto? —

Ella non rispose.

Quando suo padre la tormentava troppo, con le domande, con le indagini, il silenzio era il suo rifugio.

— Questi Promessi sposi.... un romanzo d’amore? — egli riprese, con quella ostinazione che è particolare ai vecchi.