Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/66

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60 la mano tagliata.

col viso terreo. La sua esistenza, in quell’ora, le sembrava più greve, più dura che mai. Era oppressa, atterrata. Una voce debole, a un tratto, la riscosse. Era Rosa, la serva, che era giunta in camera, senza far rumore. La povera donna non si era spogliata, temendo che la lite fra padre e figlia non si prolungasse e non ardesse troppo: voleva intervenire, se ne fosse stato il caso. Aveva inteso una lunga discussione, poi il silenzio: e ora, agitata, era venuta su per la scaletta, a vedere la sua Rachele.

— Signorina?

— Rosa?

— Perchè vi affliggete tanto?

— Ho le mie ragioni: lo sai, — mormorò la fanciulla, che si sentiva debole, vinta, perduta.

— Va bene; ma siete giovane, bella, vi vogliono bene! ... — Tutto ciò si converte in disgrazia, Rosa.

— Dio ci assista! — fece l’altra, segnandosi.

Rachele la guardò con gli occhi stralunati.

— Perchè vegli, ancora, Rosa, a quest’ora?

— Ero in pensiero per voi.... — Che fare? È sempre la stessa tristezza!

— Vostro padre è stato crudele?

— No, poveretto. Ma l’idea che io ami Ranieri Lambertini lo esaspera!

— E chi dovreste amare?

— Un altro, — disse semplicemente Rachele che non voleva parlare di Marcus Henner, il Maestro, a Rosa.

— Nessuno val più del conte Lambertini! Bello, ricco, giovane, buono; vi ama tanto!

— Mi ama, poi? — disse Rachele con gli occhi incerti e tristi delle persone infelici.

— Ne dubitate, signorina?

— Sì.... spesso.

— Se non vive che per voi!