Pagina:Serao - Leggende napoletane, Roma, Perino, 1895.djvu/132

Da Wikisource.
128 Donnalbina,

raldi, lo scettro baronale; sul volto un’austerità calma, quasi decisa.

Entrano Donnalbina e Donna Romita. Sono vestite di bruno, senza ornamenti. La gaia giovinezza di Donnalbina è svanita, è svanito il suo soave sorriso, è perduta la sua bionda bellezza. Donna Romita china il capo, abbattuta; ancora non ha avuto il tempo di esser giovane e già si sente irresistibilmente attirata dalla morte. Esse s’inchinano a Donna Regina ed ella rende loro il saluto.

— Parlate anche per me, Donnalbina — mormora a bassa voce Donna Romita.

— Veniamo a dirvi, sorella nostra — prende a dire Donnalbina — che dobbiamo dividerci.

Regina non trasalisce, non batte palpebra, aspetta.

— È mia intenzione, è intenzione di Donna Romita, dare una metà della nostra dote ai poveri e l’altra parte dedicarla alla fondazione di un monastero, dove prenderemo il velo.