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90 alla scuola


Aloe le cavò la lingua, tanto per cominciare. Era una bambina di dieci anni, molto brutta, molto magra, coi pomelli sporgenti, una bocca larga e avvizzita di donna, due occhi grigi e vivi, maliziosi, una criniera nera di ricciolini ruvidi, troppo folti, che pareva le lasciassero il volto esangue. Portava un vestitino di lanetta stinto, le calze di cotone azzurro tutte rattoppate col filo bianco e aveva le scarpe rotte.

— Andate al posto — le dissi — e state quieta.

Ella andò lentamente al banco e stette cinque minuti tranquilla. Ma mentre si diceva l’Avemaria, diede un pizzicotto nel braccio a Cavalieri, che si mise a piangere. Cavalieri era una grassottella, bianca e pienotta, coi capelli castagni, la boccuccia rotonda e schiusa; le fossette nelle guance, al mento, nelle manine; una piega nel grasso del collo, una piega nel grasso dei polsi. Era vestita di flanella rossa, calda calda, con un grembiule bianco ricamato,