Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/164

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154 i capelli di sansone.


“Non ti credo, sei un orso.”

L’altro arrossì, ma non disse nulla. Riccardo continuò a pregarlo con quella sua voce spezzata dalla stanchezza, guardandolo con quei suoi occhi pieni di una tristezza inguaribile, tanto che Scano si commosse e disse che gli avrebbe almeno tenuto compagnia per non sembrare un orso. Riccardo conservava nella faccia quell’ombra di sfinimento che molti prendevano per una posa, e mentre il cameriere del Caffè del Parlamento gli veniva spifferando la lista delle vivande, egli scoteva il capo, dicendo no, sempre:

Bove brasato, arrostino annegato, ossobuco, costola di manzo,” incominciava il cameriere.

“Si prende un buco e ci si mette attorno un osso,” mormorò tetramente Scano, pensando a mettere questa scioccheria nella cronaca dell’indomani.

“Non hai nulla, nulla di diverso?” chiese Joanna al cameriere.

Il cameriere fece un cenno di desolazione, come se mai vi potesse essere nulla di nuovo nella sua trattoria e in tutte le trattorie. E nella memoria dello stomaco di Joanna era così lunga la fila dei buoi brasati, degli ossobuchi, degli arrostini annegati, delle costole di manzo, che nulla poteva più farlo trasalire di