Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/391

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una catastrofe. 381

pografo avrebbe avuto pietà. Ma non ne ebbe, pietà. Io dicevo: — Se il Tempo non esce, io mi ammazzo. — Giravo intorno alla macchina, ferocemente, come se avessi voluto imprimerle movimento con la volontà. Essa stava immobile, taceva. I bimbi che mettono i fogli mi guardavano: io mi sentiva morire. Vennero le donne che piegano i giornali: aspettarono un poco, silenziose, ravvolte negli scialletti neri, immobili: poi, ad una ad una, se ne andarono. Erano tristi, per la giornata che perdevano. Se ne andarono anche i compositori, a uno a uno, lasciando le nere pagine composte. Il tipografo era scomparso. Ero solo, con quel giornale lì, che non andava in macchina. Soffrivo come un dannato. Uscii di lì, errai per i bastioni, come pazzo, gironzai attorno al Naviglio, per buttarmivi. Ma non ne ebbi il coraggio: pensavo a quell’agonia, come a quella di un mio figliuolo, che se ne morisse di fame ed io non potessi dargli un pezzo di pane. Ah! non sapete, non sapete che è per noi questo foglio di carta, questo foglio volante, che costa così caro, che vale così poco, che è così brutto e che noi intanto adoriamo, ciecamente, per quante delusioni e per quanti dolori ci procuri. Esso per noi ha sangue, ha palpiti, ha vita: non è carta, è carne.”