Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/55

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piccolo. 45


E Paolo Joanna levò gli occhi al soffitto in aria di grave interrogazione, come se rivolgesse una domanda al cielo. Un sottile odore di costoletta alla milanese, nuotante nel burro, veniva a tratti dalla cucina: l’agente di cambio spremeva un mezzo limone sopra una triglia fritta, la donnina versava della salsa di maionese sopra un pezzetto di ragusta.

“Forse ci saranno le costolette alla Villeroy,” mormorò il bambino.

“Forse,” rispose il padre.

Intanto il cameriere, Peppino, con un’aria di falso signore nella sua marsina, con una disinvoltura di giovanotto che sa vivere, aveva versato nelle scodelle la zuppa per Paolo e per Riccardo. Una glutine bionda si agitava nel brodo: padre e figlio la sorbivano in silenzio, tutti raccolti, con una devozione di gente pia.

“Sarà tapioca,” disse, dopo un poco, Paolo.

“No: è sagou,” rispose Riccardo.

“A me sembra tapioca.”

“Ti assicuro, papà: è sagou, io lo so, ce l’hanno dato un’altra volta.”

Riccardo, a furia di girare per le trattorie, aveva imparata tutta la convenzionale nomenclatura delle pietanze: egli si rammentava tutti quei nomi benissimo, e quando gli presentavano una pietanza sconosciuta, egli chiamava