Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/112

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108 sermone decimoprimo.

     E la pioggia benefica diffonde
     In cento parti il suo dolce ristoro,
     110Sì che un batter di mani e un gridar alto
     Gli orecchi introna, ed intronando passa.
     Passa col fumo delle mense opime,
     Col fiato degli armonici strumenti,
     Col vortice de’ balli illanguiditi.
     115Vedesti il lampo e le scherzose larve;
     Ed or non vedi nella notte buia,
     Che a quel lampo succede, i volti scarni
     Dell’affamato popolo, che pane
     Chiede vagando pei deserti campi,
     120Che il tuo tesoro fecondar potea.
Ma se nego versare a piene mani
     Le mie dovizie e il molt’oro (rispondi),
     Il poverello non morrà di fame? —
     Morrà di fame sì, poichè non degni
     125Il superbo chinar guardo dall’alto
     All’officina languida, ai negletti
     Solchi e alla plebe livida e sparuta
     D’ogni suo bene ignara. Alla derisa
     Plebe spezzate il pan dell’intelletto;
     130Ed il ferace solco s’incoroni
     Di nove spiche; e di materie nove
     L’officina s’allegri, e nove chieda
     Industri gare. Il molto oro sepolto
     Così non giace, nè disperso vola
     135Dalle stolte libidini travolto.
     Ma perchè l’oro vanti e lo confondi
     Colla ricchezza e colla sua sorgente?
     Ciò che giova e diletta all’una porge
     Il nome, e forza acquista e si propaga
     140Pel vigile risparmio agli usi vôlto
     Moltiplici dell’arte. È questo, è questo,