Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/153

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la società. 149

     185Che imposero le leggi, affin che ognuno
     Del braccio e del volere accresca il nerbo.
     Con securtade a faticare intento
     Per sè, pe’ figli, onde la cara imago
     Nelle lunghe vigilie il riconforti;
     190Ben ripensando all’avvenir, cui lieto,
     Anzi che sperperare, aduna e serba
     La ricca vena che in diversi rivi
     L’aride zolle a ristorar poi scenda.
Sotto la sferza del cocente raggio
     195L’adusto agricoltore i campi miete;
     E il duro fabbro alla sonante incude
     Il ferro batte in vomere converso.
     Delle recise biade a questo manca
     La desïata parte, a quello il pregio
     200Dei rusticali arnesi; e l’un dell’altro
     Soccorre all’uopo con servigio alterno.
     A tutti giova chi vigile in guardia
     Del comun dritto siede; o sulle dotte
     Carte cercando pallido dischiude
     205Di sapïenza l’immortal sorgente;
     O di natura le segrete cose
     Indaga, scopre ed applica per mille
     Guise, men aspra a fare e più gentile
     Nostra carriera rapida, che solo
     210Dal pensiero e dall’opra si misura.
     L’umile canna e la frondosa quercia
     Non contendon fra lor; ch’utili entrambe
     Al fine sono a cui sortille Iddio.
     Ma se di tralignato arbore vedi
     215Ingombro il suolo, onde sottragga il succo
     Alle fertili piante, invan ne speri
     Dono cortese di benigna tempra;
     Come lo speri invan dalla superba