Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/48

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44 sermone quinto.

Che a me per cinque una più dotta incude,
Oltre a quel segno che il tuo dito inscrisse,
Invan prepara. All’assoluto niego
280Troppo si agguaglia il domandar procace
Delle importune e sordide dogane,
Che l’unghia volta alla straniera preda,
Ma del sangue de’ popoli pasciute,
Pretendono salvar il patrio nido,
285Che fan deserto, squallido ed ignudo.
Dalle strette lor forche oh qual s’invola
Audace schiera, che al morir disposta,
Le ribelli impugnando armi, deride
Le umane leggi e alle divine insulta!
290Vuoi, che nell’arca tua scenda il tesoro,
Ch’equabilmente e con securo effetto
Alle bisogne pubbliche soccorra?
Facil tributo e a sopportar leggiero
Chiedi, e l’avrai; che ad evitarlo fôra
295Pel temerario rischio il premio incerto.
Della tua merce si dilata il corso
Alle altrui merci aperto. E quanto cresce
Il recato valor, forse di tanto
La tua ricchezza e la possanza scema?
300Oh vaneggiar delle superbe menti,
Che al fulgore de’ lucidi metalli
Hanno la vista abbacinata e corta!
La tua pecunia del prestato ufficio
Fede mi porge, e il guiderdon ne ottieni,
305Allorchè sciolta dal ferrato pugno
Per l’ufficio richiesto a me la rendi.
A che (ripigli) di vassallo umile,
Che al suo signore il canone tributi,
Io le parti farò, quasi soggetto
310All’antico rival, che il suo mercato