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coscienza letteraria di renato serra xvii

della critica serriana, la sua formazione, le sue preferenze.

La recensione è quella scritta su un volume postumo del Carducci, Melica e lirica del Settecento. E ci sono certi primi appunti per il saggio su Carducci e Croce, a dirittura rivelatori. Ma sopra tutto ci son giudizi sulla critica del Carducci, e sull’influenza che su essa esercitò l’opera del Sainte-Beuve, che ci danno il modo di comporre un curioso quadro della critica del Serra, come la sognò e praticò, con le parole sue stesse. Legge le pagine del Carducci sull’Adolescenza e gioventù poetica di Ugo Foscolo, e queste righe subito ci fermano, dove par di vedere un riflesso del particolare sentimento del Serra, delle sue più genuine disposizioni all’esercizio della critica: «quella varietà di osservazione biografica e psicologica e squisitezza di gusto e ricchezza di dilettazione letteraria», «tra le più nuove e care cose che il Carducci abbia scritto». E non si contenta di questa notazione marginale, quasi fortuita; dice che il Carducci non aveva dato sin allora, fino a «codesti discorsi sulla melica e lirica del Settecento», nessun esempio di «quella maniera mezzana, più bassa di tono e più varia che non i discorsi sullo svolgimento della letteratura nazionale, meno accademica che non le prime prefazioni, più circoscritta, e con meno di amenità e di conversazione, diciamo così, personale e meno larghezza fantastica che gli studi su Dante»; per concludere che «se il C. avesse dovuto scegliere, avrebbe voluto, nella critica, essere rappresentato da questo e non da altri»; e per domandarsi in fine: «che parte ha avuto nella sua novità di ritratti, colti sull'uomo vivo e coloriti con ric-