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214 SCRITTI DI RENATO SERRA

confusa, allora noi troviamo che questi versi sono perfettamente simili a tutti gli altri misurati e stampati secondo le regole. E si pensa che non valeva la pena dopo averli fatti, di nasconderli a codesta maniera.

Perchè poi son anni che Fort ha rinunciato quasi a ogni altra singolarità. Ha lasciato da parte la mescolanza di versi regolari e irregolari, l’ondeggiamento fra verso e prosa, che aveva per scopo di riprodurre la poesia nel suo nascere capriccioso, come un’ebbrezza musicale che penetra a mano a mano le sillabe del discorso comune, le empie di agitazione e di tripudio, le dilata e le esalta crescendo, fin che vien meno e si dilegua, come un soffio sull’acqua.

Ciò era perfettamente legittimo come principio, e ha dato luogo qualche volta a episodi non volgari. Ma obbediva a una preoccupazione teorica piuttosto che a una necessità di natura. Paul Fort era un artista troppo coscienzioso, in fondo, per non sentire che la realtà non è già il ditirambo, ma l’uomo che con delle parole e dell’inchiostro e una punta di acciaio si travaglia per fermare sulla carta un momento che gli sfugge da ogni parte: sì che sorge naturalmente nel suo lavoro un bisogno di conservare, con la ripetizione, l’unità e la risonanza del primo accento. I capricci, che paion così naturali, sono una convenzione; così come gli abbandoni e le bizzarrie si possono confondere con la pigrizia.

Un po’ di difficoltà è necessaria a certi artisti, che vi trovano una pietra di paragone per l’ispirazione. Così se ne sono andate, mi pare, anche le variazioni dentro lo stesso componimento, i passaggi dalla strofa regolare alla serie libera, la mescolanza di misure e di combinazioni secondo