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2 CAPITOLO PRIMO.


L’esercito era ben armato ed organizzato al completo, con tutte le riserve pronte, dal ministro Pettinengo. La flotta pure ben organizzata con un naviglio grandemente stimato. Il morale di tutti alto e deciso. Ambivano gl’Italiani la lotta, pronti a subire gravi sacrifizi di vite e di denari per ottenere lo scopo presentito da mezzo secolo. L’ottennero a ben minimo prezzo, eppure non erano soddisfatti!

La nazione non si rallegrava di ciò che aveva acquistato, addolorata che l’esercito e la flotta non avessero corrisposto all’aspettazione. Non si era stati capaci di rivendicare da sè il proprio paese. La fiducia nelle forze italiane era scemata dall’insuccesso, del quale non poteva rendersi ragione, chi non conosceva l’andamento passato.

Pochi lo conoscevano a fondo; pochissimi osavano accennarlo; nessuno lo volle dire apertamente. Poichè non devesi tener conto delle calunnie e dei tradimenti che si vociferavano nei bassi fondi politici.

La vera causa dell’insuccesso, diventato poi moralmente disastroso, fù la disunione, la discordia, e per taluni, anche l’antipatia, che dominavano l’animo dei principali comandanti. Obbedivano agli ordini supremi, pagavano di persona, ma erano restii a qualunque volonteroso concorso, o spontanea iniziativa, e più che mai a compromettersi per proprio impulso, onde secondare il movimento di un collega.

Vittorio Emanuele non aveva simpatia per Lamarmora, ed era quasi antipatia, dacchè Lamarmora, nella campagna del 1859, avvece di stare come Ministro della guerra alla capitale, non solo seguì sempre l’esercito, ma, ciò che urtava maggiormente Vittorio Emanuele, egli si dava l’aria di sorvegliare l’andamento delle cose, emettere critiche, e sospendere movimenti di truppa ordinati, ma ch’egli credeva pericolosi. Tali cose, più o meno esatte, ma certamente amplificate, venivano riferite al Re dalle persone del seguito reale, ostili in generale al Lamarmora. Sta il fatto che Lamarmora il 3 maggio 1859, avendo saputo che, per un allarme esagerato, erasi dato l’ordine all’esercito di abbandonare la riva destra del Po e ritirarsi in Acqui, corse a destra e sinistra, arrestò ogni movimento, recossi al quartier generale, e, persuasi il Re e Canrobert dell’opportunità di tale ritirata, ottenne che si telegrafasse il contrordine. Se non vi fosse stato ma-