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10 CAPITOLO PRIMO.

truppa dimostrarono bravura e zelo.1 Non vi fu panico nè fuga. Le truppe si ritirarono, o perchè oppresse da nemico più forte, e prive di direzione, o perchè fu loro comandato.

Nel 1859, il Re, stando col suo capo di Stato maggiore, in posizione da poter regolare i vari movimenti, potè mandare truppe in rinforzo là dove necessitavano, e dare simultaneità agli attacchi.

Singolare coincidenza che tre fatti d’armi così importanti nella guerra d’indipendenza, furono quasi nello stesso punto combattuti. Fù pure singolare, nel 1866, quella specie di panico che invase la mente dei principali comandanti. Non vedevano che invasione austriaca da ogni parte. Uscendo da Peschiera dovevano gli Austriaci portarsi alle nostre spalle; da Goito invadevano la Lombardia; da Borgoforte ci tagliavano le comunicazioni. Dall’eccesso della fiducia si saltò all’eccesso contrario.

Dal canto suo l’Arciduca Alberto, ignaro il primo giorno di essere stato vincitore, nel suo ordine del giorno, non considerava il fatto di Custoza che solo per aver respinto un attacco nemico. Quella nostra ritirata così precipitata e prolungata fino all’Oglio, le parve inconcepibile, e credette scorgervi un tranello per farlo uscire dal Quadrilatero, passare il Mincio, e rinnovare Solferino!

Lamarmora aveva dato la sua dimissione da capo di Stato Maggiore2 e proponeva Cialdini. Questi si riservava di accettare dopo

  1. Destinato il 1.º luglio al comando della 1.ª divisione (Cerale) così disastrosamente colpita, sotto ogni rapporto, il 24 giugno, volli rendermi ragione dell’operato di tutti in quella giornata. Chiesi ad ogni comandante di corpo, riparto, o distaccamento, un rapporto dettagliato ed esclusivo, di quanto erasi fatto da lui e suoi dipendenti. Combinando tutte queste relazioni, ne rilevai la massima confusione nelle disposizioni generali. Tutto il personale aveva dimostrato valore, ma la divisione era stata condotta, direi quasi, al macello da un comando tanto incapace quanto valoroso. Questa divisione condotta a Chiasiellis, anelava di combattere, e fu dolorosamente colpita dall’ordine di retrocedere il 6 agosto. Era certo che si sarebbe fatto onore. In fin d’agosto la presentavo all’ispezione del generale Pianell, e n’ebbi i più lusinghieri elogi sulla sua ricostruzione, ed era quella che aveva più sofferto.
  2. 11 26 giugno, ritornato per una commissione del Principe Umberto al Re, egli mi fece entrare. Era con Lamarmora. Il Re mi disse: “Prepariamo una ritirata ben ordinata. Una ritirata, diss’io, ma perchè? Maestà, abbiamo tante forze ancora, e gli Austriaci non osano inseguirci! — Ma! disse il Re, facendomi segno che era Lamarmora a volerla.„ Esco con Lamarmora e questi mi disse che voleva rassegnare la carica, non più tenibile, di capo di Stato Maggiore.