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258 parte seconda - capitolo ii


ciarono come se fossimo risuscitati dal sepolcro. Fummo appaiati con le manette, e con una fune che univa le coppie: e detto addio agli altri prigionieri che ci salutavano, a don Ciccio ed a don Giulio che stavan muti, tra due fila di gendarmi movemmo. Noi conoscevamo tutti questi gendarmi, perché essi durante la discussione della causa ci avevano custoditi. Il capo disse loro di andare adagio, e di non maltrattare il popolo. Noi dicemmo che si tenessero presso a noi, usassero buone maniere col popolo e non dubitassero. All’uscir dalla Vicaria gran folla di gente si accalcava nelle strade e dalle finestre: ci accompagnavano, ci seguivano, ci precedevano. Noi eravamo ventitré condannati. Filippo ed io eravamo additati da molti; e molti dimandavano chi era Carlo Poerio, che tre anni prima era stato ministro. «Eccolo è legato con quell’altro signore che era giudice criminale, ed ora va in galera con lui, e si chiama Michele Pironti». Ci condussero per le strade della Nunziata, del Lavinaio, del Carmine, del Mercato, della Marina, forse per farci insultare dalla plebaglia che abita in quei luoghi. Ma la stolta speranza andò fallita: un solo mascalzone gridò: «Viva Ferdinando II»; ma nessuno gli rispose, anzi vidi che molti lo guardarono biecamente, perché insultava la sventura. Giunti alla porta della darsena vedemmo le persone delle nostre famiglie che dalle carrozze ci guardavano, ci salutavano, e ci davano l’ultimo addio. Salutai mia moglie, i miei figliuoli, i miei fratelli, ed Alessandro che non mi si era partito dal fianco. Entrati nella darsena eravamo osservati con altri occhi, ed ancora con altri affetti: vedemmo che da alcune finestre del reale palazzo eravamo sbirciati con lenti e cannocchiali da alcune persone che non potemmo distinguere. I gendarmi ci consegnarono ai soldati di marina, e ci disciolsero. Io ringraziai il loro capo di quello che tutti avevano fatto per noi: essi ci chiesero perdono del tristo uffizio che avevan dovuto adempiere, e ci augurarono ogni bene.

Fummo incatenati ed accoppiati alla presenza di moltissimi uffiziali di marina e di alcuni generali che ci guardavan