Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/269

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tempi del santo uffizio ed il ricco mercato dei ladri. Ma non ostante tutte le petizioni, le orazioni, i voti e gli scongiuri, lí dobbiamo andare, e lí anderemo, perché lí sta la giustizia, lí il bene di tutti: e chi non lo capisce o non lo vuol capire, mal per lui. Io non mi pento di aver detto quelle poche veritá, anzi avrei voluto dirne di altre e di molte; perché la veritá dispiace a pochi e per poco, ma non nuoce mai; e perché è santo dovere di ogni uomo onesto di dirla senza paura. Né scrivendo quelle veritá nella mia difesa io ho voluto offendere alcuno, dappoiché chi si difende non vuole farsi odiare per offese, ma farsi amare da tutti. Che se io dicendo il vero non ho voluto offendere, e taluni si sono offesi, bisogna dire che io non ho colpa, ed essi si sono conosciuti rei.

Ora con la stessa santa intenzione di esporre la veritá, io debbo nuovamente rivolgermi ai miei cittadini, anzi a tutti gli uomini civili, e narrare altri fatti di singolare ingiustizia, altri insulti alla ragione umana, altre oppressioni che io soffro. Dirò prima di una stretta che ho ricevuto dalla polizia per la stampa della mia difesa, poi dirò quello che ho patito dalla corte criminale.

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Subito che fu pubblicata la mia difesa, nacque un rumore ed uno sdegno grande. Venne da me un ispettore di polizia per chiedermene qualche copia, il manoscritto, e il nome dello stampatore: ma non ebbe né seppe niente. Cercarono tutte le tipografie di Napoli, trovarono che il Reale per suo guadagno si preparava a stamparla, lo arrestarono e lo tengono ancora in carcere. A tutti gli altri tipografi sono stati fatti spaventi e minacce grandi, e si è fatto sottoscrivere un obbligo di non stampare qualunque scritto di causa politica sotto pena di multa e di prigionia.

Il giorno 26 aprile, per comando del direttore di polizia, l’ispettore Campagna fece una minuta ricerca nella casa dove ora è mia moglie, senza condurvi me che per legge vi doveva esser presente.

Per quasi cinque ore fiutò e cercò ogni angolo, ogni buco, ogni masserizia; raccolse con le sue mani e gittò in un sacco ogni materia di carta che gli venne innanzi; e non raccolse piú, perché non c’era piú, né il facchino poteva portare di piú. Il 29 aprile il commissario delegato delle prigioni signor Casigli citò