Pagina:Sino al confine.djvu/8

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rivata in fondo alla strada, ella si volse un momento e guardò l’antico monastero dov’erano le scuole, e la valle melanconica, coperta di olivastri e di peri selvatici, e sospirò.

Addio! Forse passeran degli anni prima ch’ella riveda la valle selvaggia, la strada solitaria, la facciata nera e grigia della scuola. La sua casa sorgeva all’altra estremità del paese, quasi sotto la montagna, sull’orlo di un’altra valle, coltivata in parte, questa, verde e grigia di vigne e d’oliveti. Per arrivare a casa, Gavina dunque doveva attraversare tutta la piccola città, il Corso e le viuzze dietro il Corso.

Ella preferì queste ultime, perché aveva paura e vergogna di attraversare il Corso, di esser veduta dagli studenti, dai borghesi, e peggio ancora, dagli ufficiali che stazionavano davanti al Caffè della Posta o nella piazza del Mercato. Questi personaggi rappresentavano per lei il mondo, il peccato. Ella palpitava incontrandoli; ma le pareva di peccare solo perchè la vita, col suo ardente soffio, le passava accanto, nascosta nei modesti panni d’uno studentello o d’un impiegato di Sotto-prefettura. Per evitare questi pericolosi incontri attraversò dunque le straducole mal selciate, ove non s’incontrava che qualche paesana vestita di rosso e di nero, qualche pastore a cavallo, qualche contadino che ritornava dalle messi, col carro carico di paglia o di