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Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu/195

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Sonetti del 1832 185

ER CANONICO NOVO.

     Io la lingua latina nu’ la so,
Ma mme disce er barbiere che la sa,
Ch’er Canonico ch’hanno fatto mo
Quiggiù a la Bbocca-de-la-Verità,[1]

     Cuann’in coro coll’antri ha da cantà,
Come l’uffizio fussi un pagarò,[2]
Inciafrujja[3] ciascià cciscì cciosciò,
Ma un c....[4] legge lui cuer che cce sta.

     A sta maggnéra[5] puro[6] io e ttu
Faressimo er canonico accusì,
Si abbasta a ssapé ddì ccescè cciusciù.

     E a sta ggente, per dio, che nnun za ddì
Manco in latino er nome de Ggesù,
Er pane nostro s’ha da fà iggnottì?![7]

Roma, 1 dicembre 1832.

  1. Su questa chiesa vedi il sonetto... [La Bocca-de-la-Verità, 2 dic. 32]
  2. Il pagherò è una certa polizzettaccia indecifrabile, che si da a’ giuocatori del lotto per riscontro delle loro giuocate, e qual biglietto all’ordine in caso di vincita.
  3. [Imbroglia.]
  4. Per nulla. — Si batte la voce sulla prima vocale, con energia.
  5. Maniera.
  6. Pure.
  7. Inghiottire.