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264 sotto il velame

a piedi asciutti la palude della non fortezza o dismisura nell’irascibile.


X.


E siamo di nuovo alla quarta ferita; di nuovo all’ignoranza o alla depravazione dell’intelletto. La trovammo, questa ignoranza, due volte, nel limbo e nel cimitero. Lasciamo la prima, che è il lume che è tenebra: l’ignoranza originale: l’ignoranza di Aristotele e di Plato. La ignoranza attuale la trovammo un’altra volta. O, a dir meglio, la trovarono un’altra volta Virgilio e Dante. Virgilio guidava.1

               E poi ch’alla man destra si fu volto,
               passammo tra i martiri e gli alti spaldi.

I due viatori prendono sempre a sinistra; quella volta presero a destra. Perchè? Si può dire che quello fu come un deviare, un uscir dal solito cammino. Ma il deviare accade una altra volta: appunto nella circostanza dello scendere a trovare quell’altra ignoranza. Gerione è venuto a proda; e sta sull’orlo. Sul dosso di quella fiera hanno a scendere.2

  1. Inf. IX 132.
  2. Inf. XVII 28 segg. Nel limbo, Dante non dice se entrò piegando a destra o a sinistra. Tuttavia la sua non fu la solita via; quindi forse fu la destra. E certo esso lascia la selva degli spiriti per andare al nobile castello, e poi torna, per scendere nel secondo cinghio, nell’aura che trema (IV 150, 27) e nella tenebra (151, 25). Non ha forse voluto dire che il castello era a destra, fuor della direzione solita del suo cammino, che prima interruppe e poi riprese? del suo cammino che fu «pur a sinistra, (XIV 126)»? Al mio valentissimo collega L. A. Michelangeli