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VI.
LA MIRABILE VISIONE
Dopo la morte di Beatrice, quand’ella fu beata oltre che beatrix, Dante ebbe tre visioni. La prima ebbe virtù di richiamare alla donna gentilissima i pensieri di lui che si erano sviati verso la donna gentile. Fu il “cuore„ che “si cominciò dolorosamente a pentere de lo desiderio, a cui sì vilmente s’avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione: e discacciato questo cotale malvagio desiderio, sì si rivolsero tutti li suoi pensamenti a la loro gentilissima Beatrice„. Ciò per “una forte imaginazione„ nella quale a lui “parve vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne, co le quali apparve prima a li occhi suoi; e pareagli giovane in simile etade ne la quale egli primieramente sì la vide„.1 L’altra fu “una mirabile visione„.
Ma prima di accennare a questa, che non ci dice qual sia, il Poeta riporta un sonetto, in cui è pure una visione: la seconda.2 Oltre il primo mobile, passa il sospiro del cuore di Dante tirato su da intelligenza nova messa in lui da amore e dolore. Nell’Empireo
vede una donna, che riceve onore, e luce sì, che per lo suo splendore lo peregrino spirito la mira.
E lo spirito tornando parla sottile, e Dante non lo intende; pur intende che parla di Beatrice. Appresso questo sonetto gli apparve la mirabile visione. Egli dice: “una mirabile visione, ne la quale io vidi cose, che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta, infino a tanto che io potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com’ella sa veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui, a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dire di lei quello che mai non fu detto d’alcuna„.