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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/115

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capo quarto 105

tecento trentacinque, il virtuoso capitano (con umanità più singolare che rara) fece credito dell’avanzo a’ sindaci, non pretendendo che una semplice dichiarazione da loro scritta e firmata.

L’anno 1764 però, venuto abbondevole di ogni cosa, rimarginò in molta parte le piaghe aperte da’ due anni che il precedettero, e diede nuova impulsione alla publica prosperità.

Il vigesimo giorno di novembre del 1767 i Gesuiti furono espulsi dal nostro regno, e ciò a premura di Carlo III, che già dall’aprile li avea mandati via di Spagna. L’esempio di Napoli fu tosto imitato da Parma, e dalle altre Corti borboniche. E le energiche rimostranze ed istanze collettive di Francia, Spagna, Portogallo e Napoli indussero finalmente il Pontefice Clemente XIV ad ordinare nel 1773 la soppressione della Compagnia di Gesù in tutti gli Stati cattolici.

Negli anni sussecutivi fu principal cura del governo di facilitare le interne comunicazioni da provincia a provincia, nuove vie aprendo, e le vecchie rifacendo più larghe ed agevoli. Laonde fuvvi ordine nel 1778, che la strada, la quale mena da Reggio al confine settentrionale di Calabria, avesse a ridursi piana e carrozzabile. L’ingegnere Pasquale Landi ebbe carico di levarne il disegno; e la spesa fu computata in ducati annui centomila per cinque anni. Su tal somma lo Stato contribuì in detto spazio trentamila ducati l’anno: ed il rimanente fu gravato, parte su’ baroni di quattro Provincie il dieci per cento annuale sull’importo de’ loro rispettivi rilevii, e parte a grani venti per fuoco sulle Università che superavano i cinquanta fuochi. Reggio non fu compresa tra queste; ma solo tra quelle che avevano il peso, ciascuna nel suo ambito, della riattazione e manutenzione di tale strada. I grani venti per fuoco non furono imposti alla nostra Università che dentro l’anno 1787.

II. Nulla è avvenuto dopo ciò in Reggio che sia degno di essere ricordato in queste storie sino al memorando anno 1783, il quale in quanta ruina e sconvolgimento abbia precipitate le contrade calabresi, è cosa nota pur troppo. Carlo Botta narrò stupendamente la terribile e pietosa catastrofe nel libro quarantanovesimo della storia sua. Ed io non sapendo dir meglio di lui, mi varrò delle sue medesime parole, per tutto quello che più strettamente si attiene alla materia del mio libro.

«Alla state fervidissima dell’anno 1782 era succeduto nelle Calabrie un autunno piovosissimo, nè cessò lo smisurato acquazzone nel susseguente gennajo; chè anzi vie più per questo conto imperversando il cielo, caddero nell’anzidetto mese piogge così disoneste e