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Un momento dopo era nella sua camera.

Dopo un giorno felice, il primo bisogno che provava era di chiudersi in sè stessa, e riandare con la memoria i punti più salienti della giornata e godere ancora un po’ di quella felicità nell’anima sua.

Non un dubbio turbava la serena contentezza di quel momento. Non avrebbe voluto per nulla al mondo incontrare il viso satirico del vecchio tutore, nè il sorriso ipocrita del signor Arturo. Già, li fuggiva sempre più che poteva.

Arrivata nella sua camera chiuse l’uscio e corse al ritratto di Cesare che aveva appeso al muro sopra il cassettone.

Lo aveva lasciato in quel momento e voleva vederlo ancora!

Stette un po’ a guardarlo, gli sorrise, lo baciò e lo rimesse al suo posto.

Poi s’avvicinò al pianoforte: cercò alcuni accordi, suonò un brano d’aria; ma se ne allontanò presto con impazienza. Aveva in cuore una melodia divina che la sua mano non sapeva esprimere; e quel po’ che poteva fare era così inferiore al suo, sentimento, da sembrarle una profanazione.

Avrebbe voluto possedere la parte tecnica del-