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— Dimmi, è vero quello che hai detto un giorno?

— Che ho detto? esclamò Gianni trasalendo.

— L’anno passato quando mi incontrasti sulla strada e mi desti quella cassetta... dopo dicesti qualche cosa sul conto mio: non te ne ricordi?

— Ah! padroncina mia! Signorina, per carità, mi perdoni!

— E chi ti dice ch’io sia in collera?

Gianni non rispose: la fronte chinata e pallida, tremante da capo a piedi, sentiva una mano di ferro che gli stringeva la gola, e un sudore diaccio intridergli i capelli.

— Perchè non mi rispondi? Cos’hai? ridomandò la fanciulla.

I cavalli andavano al passo.

Ella aveva avvicinato tanto il suo a quello di lui, chè, parlando, il suo alito gli sfiorava il viso.

Egli alzò lo sguardo al cielo.

Gli pareva che tutto gli sorridesse, che tutto gli parlasse d’amore.

Gianni non era proprio un ignorante: aveva anche lui la sua piccola letteratura, specialmente aveva letto delle poesie amorose e aveva sentito raccontar delle fiabe. Tutto ciò si moveva confusamente nella sua immaginazione, ma con molta vivacità.