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La vita divenne sempre più malinconica e uggiosa al castello dei conti di ***.

Il vecchio non diceva una parola, non faceva domande e credeva diplomatico e di suo decoro fingere d’ignorare ciò che suo nipote non credeva opportuno di confidargli. Pesava su tutti un atmosfera grave, soffocante.

Faceva pietà la tortura di quelle povere cinque ragazze.

A tavola ciascuno guardava nel proprio piatto. Quelle povere bimbe non osavano nemmeno scambiare una parola fra di loro.

Solo le due più piccole si davano qualche pizzicotto sotto la tavola, tanto per far qualche cosa, e un «ahi!» soffocato, un mezzo scroscio di risa irrefrenabile provocavano le occhiute più severe del vecchio tiranno, e qualche sospiro della mamma trepidante per le sue creature.

E intanto i piatti destinati alla vecchia favorita uscivano ricolmi come sempre dalla sala da pranzo, e il contadinello dagli occhietti vispi e maliziosi, dal cappello di paglia a foggia di pan di zucchero, li prendeva come sempre dalle mani del servitore, senza badare al sorriso sprezzante di costui, senza preoccuparsi affatto del malumore de’ suoi padroni...