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— Cattivo Cesare? Il mio Cesare è un angelo. Ma non si comanda all’amore. Tutta la generosità, tutta la bontà immaginabile non basta a farlo nascere dove non c’è; nessun dovere può distruggerlo quando esiste davvero.

— Ma dunque voi credete ch’egli non vi voglia bene, a voi? insisteva Gianni.

La Teresina scrollò il capo e sorrise con amarezza. Non era questo. Lei sapeva che il suo Cesare era buono e le voleva bene e avrebbe voluto vederla felice insieme alla sua bambina che amava tanto. Ma lei non era il suo amore: non poteva esserlo. Doveva metterla un pò al confronto colla signora Emilia: sapeva anche lui, Gianni, quanto fosse bella! a guardarla pareva una rosa di maggio, mentre lei, la povera operaia, somigliava appena a un fiorellaccio di campo, già mezz’appassito.

Quando si vestiva un pò meglio, le pareva di stare peggio. Tremava all’idea di doversi vestir da signora. Sarebbe imbarazzata, ridicola. Eran quindici giorni che andava calzata e i suoi poveri piedi incalliti ai sassi e ai bronchi, ma avvezzi a star liberi, si ribellavano a questo cilizio. Oh, lo sapeva, sarebbe brutta mascherata da signora, perderebbe anche quel poco di grazia naturale che piaceva