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Un grande rivolgimento successe nell’animo suo: le speranze si fransero, i giudizj si capovolsero.

Napoleone III non era più che un vigliacco miserabile, indegno del nome che portava: forse un bastardo.

Avere avuta l’Austria sotto l’ugna non volerla finire! Che, si poteva immaginare una peggiore indegnità?

Da quel momento egli s’era rinchiuso un’altra volta in sè stesso, e, fuori del suo carissimo Arturo, una nullità imbottita di vento che gli dava sempre ragione, non voleva veder nessuno.

Il signor Arturo era una maniera di Tartuffo in sessantaquattresimo, più la buaggine. Annaspava la quarantina; ma si teneva tutto attilato e impettito, come un giovanetto di primo pelo. Faccia insulsa, occhi piccioletti e quasi sempre rossi dal molto bere, non sapeva stare zitto un momento, e se mai si chetava, vuol dire che aveva voglia di addormentarsi sopra la seggiola.

Così era fatto il secondo adoratore di Emilia, uomo che lo zio proteggeva, che destava qualche volta la gelosia di Cesare, e che la ragazza chiamava piacevolmente il pedante.

Con l’arrivo di questi due personaggi la conver-