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gnuoli, non s’era mai infiltrata una sola abitudine triviale.

Oltre alla felicitá del cuore, Riccardo aveva la grande soddisfazione di essere perfettamente contento di sè medesimo.

Come l’aveva indovinata, lui, la vita! Come aveva saputo sciogliere l’enigma della sfinge! Si sentiva crescere in dignitá ai propri occhi, era pieno di un nobile orgoglio. Quando riceveva qualche lettera de’ suoi antichi amici era preso da pietá magnanima. Ah se avessero imitato il suo esempio! Maria lo ammoniva, lo trovava troppo orgoglioso; e, badasse, l’orgoglio era una passione che conduceva al disordine.

Ah sì, lo sapeva anche lui che sua moglie aveva ragione: non doveva essere orgoglioso perchè senza di lei non sarebbe mai arrivato a quell’altezza; e forse peggio, sarebbe precipitato con gli altri nella comune miseria.

Insomma, un’idillio, ecco.

Ma anche gl’idillii hanno un fine. Maria ammalò.

Il medico campagnolo non ci capiva nulla di quella malattia, e per cavarsi d’impiccio ordinò un piccolo viaggio per cambiar aria. Cosí, dopo dieci anni andarono finalmente a passare l’inverno a Firenze.