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alla sua volontá e vinceva ogni altro riguardo. La lasciò fare; le sue lagrime gli scendevano al cuore come un balsamo ristoratore, come una rugiada benefica esse calmavano a poco a poco la febbre che gli ardeva i polsi. Il suo sguardo di severo e addolorato che era, andava facendosi piú mite e dolce; la sua mano, non piú cosí rigida, si stendeva sui biondi capelli di lei, accarezzandoli mollemente.
— Povera donna! disse, che diritto ho io di rimproverarti? Tieni qui, vieni, e sfoga il tuo affanno sul petto piú fedele che tu possa trovare al mondo.
Cosí dicendo l’alzò come una bambina. Ella appoggiò il capo sulla sua spalla e continuò a piangere. Ma improvvisamente egli si scosse, le stese la mano in segno d’addio, e s’avviò per uscire. La donna si rizzò come a uno scatto di molla.
— Così presto mi lasci?
— Devo essere alla capitale dimattina alle dieci; non ho che il tempo di partire.
—- E quando sei giunto?
— Un’ora fa. La fatica non mi pesa; ti ho riveduta, so che mi ami, torno al lavoro contento.
— Contento? Egli sará qui domani!
— Non me ne parlare, disse volgendo altrove lo sguardo: pensa al tuo dovere di madre, e lasciami ignorare almeno una parte della mia infelicità. Addio.