Pagina:Speraz - Cesare, L'ultima notte, Autunno.pdf/260

Da Wikisource.

— 256 —

le aveva insegnato a venerare come una cosa divina.

Così parlavano e si consolavano a vicenda, beati di essere ancora vicini, e in quella beatitudine incapaci di sentire tutto il peso della sventura che pendeva sul loro capo. Ma l’ore incalzavano, e già non era più possibile di ritardare il terribile momento.

Ancora un bacio, ancora un saluto: uno sguardo ancora... Era già presso l’uscio e ritornò su i suoi passi..... No, no, non poteva; le sue forze non le bastavano. Ma egli pregò, promise di scrivere tutti i giorni e che si sarebbero riveduti ancora...

Finalmente l’uscio fu chiuso dietro a lei: egli intese il suo passo incerto e barcollante allontanarsi dalla soglia.

— Bianca!

No, non gridò. La parola rimase strozzata in gola da uno sforzo supremo. E le labbra morse perchè tacessero, mandarono sangue.

Gli occhi sbarrati fissavano quell’uscio chiuso, dove forse la vedevano ancora. Grosse lagrime gli scendevano lentamente giù per le guancie. Ad un tratto si scosse, si guardò intorno, provò un senso di sollievo. La ferita si era riaperta e la fasciatura