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D’altra parte le lettere di Carlo divenivano sempre più rade e brevi. Ciò la pungeva. A momenti capiva benissimo che questo era il più grande dei sacrifici che le faceva; ma s’indispettiva che avesse la forza di farlo.

Mille pensieri contrari si combattevano dentro di lei.

La vita materiale, spicciola, giornaliera, l’assaliva da tutte le parti per trascinarla giù da quell’altezza ideale, dove le era parso così facile di poter vivere.

Quando suo marito era di cattivo umore per qualche sua ripulsa, si mostrava freddo e sgarbato, verso il povero Guidino.

Queste erano le ferite più acerbe. Ma poi lui riconosceva di avere avuto torto, e le domandava perdono. E queste erano le ferite più pericolose. Il suo cuore si commoveva; le vecchie abitudini della vita riprendevano il loro dominio. Le circostanze la andavano mutando, e lei si sentiva mutare e si ribellava inutilmente: la realtà voleva imperare con tutta la sua brutalità fatale.

Una mattina si levò con la risoluzione di fuggire: non aveva ancora stabilito dove sarebbe andata: le bastava fuggire.

Ma a mezzogiorno arrivò la suocera, e altri avvenimenti la trascinarono.