Pagina:Speraz - Cesare, L'ultima notte, Autunno.pdf/47

Da Wikisource.

— 43 —


Emilia che a que’ discorsi si sentiva salire il sangue alla testa, s’alzò, baciò in fronte la bimba, diè la buona notte agli altri e si ritirò.

Quando fu nella sua camera si chiuse dentro perchè nessuno venisse a darle noia. Aveva bisogno di restare sola. Sentimenti contradditori mettevano in tumulto l’animo suo.

Eppure non lo aveva amato!

Questo pensiero che s’andava formulando nella sua mente, le cagionava una singolare meraviglia.

Non l’aveva amato! Ne era proprio sicura?

Ma perchè desiderava tanto di rivedere il suo ritratto? Qual potenza magnetica le dipingeva le sue fattezze, illanguidite dalle sofferenze, più seducenti, più belle che mai?

Era già notte fitta. Emilia accese il lume; staccò dal muro il quadretto che conteneva la fotografia del povero garibaldino, e rimase come estatica a contemplarla.

Le sue mani tremavano: il cuore le batteva forte. Che strano foco brillava in quegli occhi!

E che rimprovero atroce in quel sorriso malinconico!

— Cesare! Cesare! gridò fuori di se; perdonami! perdonami! Ero un’insensata, non comprendevo me stessa, ma ti amavo, ti amo!