Pagina:Speraz - Cesare, L'ultima notte, Autunno.pdf/48

Da Wikisource.

— 44 —


E soggiogata da un sentimento nuovo, prepotente, ella appoggiava le sue labbra ardenti sul vetro che copriva il ritratto, e lo bagnava di lagrime.

Lo amava. Quel sentimento così nuovo non poteva essere altro che amore.

Per qual cecità assurda non l’aveva compreso prima? Lo aveva amato sempre, non aveva mai rivolto il pensiero a altri, ne era sicura, ora.

E ora era morto.

Era sceso sotterra credendola fredda e indifferente per lui.

Non poteva crederci: era un delirio, una menzogna: le girava la testa.

L’aria calda della camera non le parve più respirabile. Aprì la finestra e vi s’appoggiò.

Era una brutta notte. Si sentiva il sussurro del vento tra gli alberi che cominciavano a sfrondarsi, e il lento e monotono sussulto del mare in lontananza. Le ore le passavano inavvertite in quella specie di prostrazione catalettica. Era tardi. Pareva che fossero tutti addormentati nella casa e fuori.

Un lampeggìo di cattivo augurio solcava il cielo verso la parte di mezzogiorno; del resto, oscurità perfetta.

Restò qualche tempo immobile; ma a poco a poco la freschezza dell’aria le calmò la febbre.