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chiamava le usurpazioni rivoluzionarie. Certo egli l’amava, a modo suo, quella donna rozza, che non avrebbe mai levata dal suo stato di contadina e alla quale aveva dato marito lui. Bisogna confessare però che non aveva durato fatica a trovarle marito: la cosa s’usa in que’ paesi: codesti contadini, codesti schiavi che vivono per quei poderi in qualità di coloni o famigli — una specie di domestici salariati e mantenuti, i quali servono sempre la famiglia tanto in casa che lavorando i campi — sono sempre felicissimi di sposare le donne che piacciono al padrone.

L’amava come poteva amare lui; ma certo è che sulla tavola dei Conti di *** non compariva come si suol dire, un chicco d’uva, senza che quella donna non bella più, nè giovane, ne ricevesse la parte che il padrone giudicava le fosse dovuta.

Ma lui era sempre il padrone, ed ella la povera contadina che s’inchinava umilmente al suo passaggio.

Del resto il conte nonno, in mezzo a tutte le sue stranezze e l’avarizia e la boria, non aveva abbandonato i cari studi della sua giovinezza, e quando non andava a caccia passava giornate intere chiuso nella sua biblioteca: il suo spirito così tenace in