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turalmente, Laura non andava in società.

Un dopopranzo, verso sera, mentre essi stavano appunto sul balcone a pigliare il fresco, un giovine signore, sceso in quel momento da un canotto, guardò in alto e li salutò.

Laura si lasciò sfuggire un gesto di ammirazione, che la bellezza del giovine signore giustificava pienamente. È difficile immaginare una più bella persona. Alto, col petto arcuato, le spalle da atleta, e svelto tuttavia; sul suo collo robusto, color d’avorio, ma rotondo e levigato come un collo di donna, si ergeva una testa da sognatore o da poeta; la barba nera contornava il suo viso d’un ovale un po’ allungato, e i baffi egualmente neri ombreggiavano due labbra fini, che, sorridendo affabilmente, scoprivano i denti candidi. Il naso aquilino e la fronte alta e poderosa — la si vide tutta quando il giovine si levò il cappello per salutare — davano un carattere di maestà e di forza, in armonia con la persona, a quella