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da principio non parlasse che un cattivo dialetto misto di francese e di parole tedesche o ungheresi, che nessuno capiva. A poco a poco dimenticò quelle parole, e allorchè il Mandelli, che se le era notate, gliene ripeteva alcune, ella non capiva più il loro significato.

Tanto meno intelligente, tanto meno dotata di perspicacia, d’intuizione e di fantasia, Annetta era una dottoressa in confronto di lei: ripeteva tutto come un bel pappagallo.

Una sera che il signor Leopoldo raccontò un fatto di storia patria, Annetta non capì nulla, mentre Emma ne afferrò subito il significato morale e non lo dimenticò mai più.

Allora egli si mise ad insegnarle la storia, così, parlando, narrando i fatti più commoventi e drammatici, commentando la vita dei personaggi più nobili e gloriosi; e la piccola allieva fissò nella memoria quei racconti, manifestando tutta la sua anima con impeti di entusiasmo per le azioni generose, di sdegno e di collera per le ingiustizie.

Quante belle ore passate così!

Quante tristezze, quante amare delusioni, quante acredini accumulate nel cuore dell’uomo, la bimba riesci a raddolcire, a calmare, con una sua parola!

Solo, nella chiesetta quasi buia, facendo scorrere le sue abili mani sul poderoso istrumento, Leopoldo riandava malinconicamente il passato della sua vita ancora giovine e rigogliosa, chiusa da un limite inesorabile.