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— Sarà benissimo — rispose — ma tutti i troppi stroppiano, e quando una moglie vuol troppo bene.... è un affare serio.

Le sopracciglia nere, arcuate, lucidissime della signora Cleofe si congiunsero in un movimento di sdegno e rimasero aggrottate.

Invece di rispondere, ella guardò sua figlia. Sperava di scoprire in quel viso adorato un riflesso dei propri sentimenti, un impeto di sdegno, un moto istintivo di rivolta.

Nulla di ciò. Annetta non aveva compreso il plateale insulto; e il suo viso e i suoi occhi, fissi nel viso di Paolo, non esprimevano che l’adorazione più completa, insieme a una inespremibile angoscia.

Cleofe rimase agghiacciata.

— È orribile! — pensò — orribile!

Due grosse lagrime, scottanti, velarono il lampo delle sue pupille. E lei che non si era mai sognata di amare un uomo in quella maniera, lei che nell’amore non aveva cercato altro che l’ebbrezza passaggera, il soddisfacimento di un desiderio impulsivo e di una immensa vanità femminile; lei che era l’orgoglio e l’egoismo in persona — fuori che nel sentimento della maternità — ebbe d’un tratto l’intuizione della terribile potenza dell’amore che tortura, che è devozione, umiltà, annichilimento.

Ne ebbe una impressione profonda, indicibile come se una potenza sopranaturale si fosse rivelata al suo