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Intanto, altri piantavano teatri; picchiavano chiodi enormi; conficcavano pali a sostegno di velari e di macchinismi, preparando, in diversi modi e con straordinaria sicurezza, ogni maniera di congegni.

I monelli disoccupati o scappati di scuola, si assiepavano accanitamente intorno ad ogni baracca, pronti a prestare il loro aiuto, a correre, a picchiare, a sostenere pesi; felici e superbi di entrare nel mistero di un retroscena; di vedere da vicino la motrice e l’orchestrion della gran giostra a vapore; o il cavallo mezzo sbalordito che fa girare la ruota delle giostre comuni: premurosissimi di accaparrarsi le buone grazie dell’Uomo Scheletro, della Donna Cannone, o dell’Antropofago.

Verso le dieci, due giovanette che venivano dalla remota via de’ Servi, tenendosi a braccetto e discorrendo sommessamente, giunte che furono all’altezza della piazza, si fermarono un poco, guardandosi intorno curiose.

A prima vista si vedeva che erano due belle signorine. Ma osservandole meglio, si provava una certa sorpresa accorgendosi che la meno appariscente era una vera bellezza, una di quelle creature straordinarie che non stancano mai perchè si rivelano sempre sotto un aspetto nuovo e con nuove attrattive, mentre l’altra, quella che attirava al primo momento i più cupidi sguardi, possedeva soltanto la bellezza detta da noi, campestremente, «bellezza dell’asino.»