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che le sue parole provocherebbero: le lagrime e le furie di Annetta; le taglienti ironie della madre; la confusione o la sfacciata baldanza di Paolo; lo stupore degli altri e l’immenso dolore del suo buon padre. Egli avrebbe sofferto più di tutti. Eppure, nella sua esasperazione, ella non sentiva alcuna pietà. Il cuore corroso dalla gelosia, si rimpicciolisce, si serra, diventa crudele. Le pareva che egli stesso, il suo protettore, il suo caro babbo adottivo, se avesse saputo il vero, l’avrebbe condannata per salvare la sua vera figliola.

— Tutti contro di me, tutti. Mi lapiderebbero pur di evitare lo scandalo. Nessuno mi ama, nessuno. Annetta è istintivamente gelosa. Cleofe mi odia. Io non devo nulla a nessuno.... Paolo deve essere mio! Deve sposarmi. Deve rendermi l’onore.

In quel momento vide Paolo e Annetta abbracciati.

Vile!.... Sfacciato!

— Emma! Cos’hai?.... Ti senti male?.... Due volte mi hai interrotto voltando la pagina troppo presto, ed ora non volti affatto.... Tu piangi? Cos’hai? Parla!

Spaventata e incapace di rimettersi e di fingere, come avrebbe voluto, ella congiunse le palme in atto di preghiera e guardandolo con dolcezza traverso le lagrime, mormorò:

— Taci! taci, ti prego: potrebbero sentirti.

Leopoldo strabiliò, ma non disse nulla.

Lasciando le sue mani scorrere a caso sui tasti, ne trasse alcuni accordi, poi cominciò una di quelle