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lusione svanita. Nulla, più nulla, altro che il suo amore spregiato, la sua vita spezzata.

E tuttavia, prima di prendere la risoluzione più disperata, prima di «finirla» — come diceva nel suo dolore — voleva tentare un ultima prova: parlare a quell’uomo, dirgli come lo amava e ciò che soffriva. Poi sarebbe morta, se egli rimaneva insensibile al suo dolore: morta, il giorno delle nozze, mentre egli andava all’altare.

Quella sarebbe stata la sua vendetta e nel medesimo tempo il suo sagrificio: il regalo di nozze.

Quanti pensieri duratitela strada! Quanti ricordi! Come diverso era lo stato dell’anima sua il giorno in cui faceva quello stesso cammino, circa un mese e mezzo prima, in quella splendida giornata di Settembre! Ah! non l’avesse mai fatto! Il germe fatale della passione era in lei prima di allora, sì; ma avrebbe potuto ancora salvarsi, solo che avesse avuto la coscienza del male e la forza di resistere all’attrazione del pericolo.

Se avesse obbedito all’impulso di fuggire — salutare avviso dell’istinto — sarebbe bastato.

Giungendo in piazza Castello, si sentì rabbrividire. Era la prima volta che osava ritornarvi.

Sotto al cielo scuro e basso, di una straordinaria solidità ottica, come si vede tante volte in autunno, il vecchio castello appariva sottile, senza corpo, falso come una decorazione di teatro, con le sue mura scrostate, le torri inutili, il ponte immobile e i fossati asciutti.