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Chi l’aveva ridotta così?

Chi?

Senza dubbio un uomo amato, che non l’amava.

Chi era quell’uomo?

Chi altri se non Celanzi, giovine, bello, d’animo alto, degno di lei in tutto, e in apparenza libero?

Una volta fermato su questo pensiero, Leopoldo non l’abbandonò più.

Raccolse tutti i dati, tutti i sintomi che la memoria compiacente gli presentava.

E dopo una lunga, profonda analisi di ogni più piccolo particolare, dopo di aver rievocate e studiate tutte le parole di Emma, la sua convinzione fu fatta:

Emma amava Celanzi e aveva scoperta la relazione del giovine con la cugina.

Povera Emma! Povera bimba adorata!

Adesso intendeva la tenacità con cui ella aveva custodito il suo doloroso segreto. Naturale! non voleva farsi accusatrice; voleva morire.

Povero angelo!

Anch’essa vittima di quella donna. Anch’essa, infelice per un capriccio di quella donna.

Questo lo esasperava di nuovo contro Cleofe. Poteva disprezzare la moglie infedele, dimenticare e lasciare impunita l’atroce offesa personale; ma le lagrime di Emma gli straziavano le viscere: nessuna punizione gli sarebbe parsa eccessiva per chi era causa di quelle lagrime.