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— Oh! il babbo! Lui non vorrebbe veder mai un cristiano. Fuori del suo organo, non si cura di nessuno. Tuttavia, è buono, e fa tutto quello che vogliamo noi, la mamma ed io.

— Ah sì? Quando lei mi rassicura... bene, bene... approfitterò dell’invito.

— Quando?

— Quando crede lei...

— Questa sera si fa un pochino di festa, essendo la fiera aperta: è una vecchia usanza nel borgo.

— Va bene; questa sera. E ora scappo perchè ho già fatto tardi. Il tempo vola a star con lei, signorina.

Con questo complimento banale, che lei prese per oro di coppella, il cancelliere la salutò e si mise a salire l’imponente scalone a cordonata, in cima al quale era collocato l’ufficio della Pretura, in alcune stanzette tagliate nell’ala destra del Castello, tra i muri scrostati, serbanti ancora qua e là traccia di antichissimi affreschi, sotto ai poderosi soffitti a cassettoni, dove i ragni gettavano le orride tele al posto delle svanite decorazioni.

Rimasta sola, Annetta ebbe un senso di gelo per tutte le membra e rabbrividì. La dolce illusione, sostenuta per alcuni momenti dalla presenza dell’uomo adorato, cadeva a un tratto, svelando la cruda verità all’anima desolata. Quell’uomo non l’amava; non provava per lei neppure una particolare simpatia: nulla.