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voltandosi a guardarlo. Riconobbe in esse la madre e le sorelle di Celanzi, seguite dalla serva.

Solo in casa, Andrea lo aspettava.

Perchè non andava a sfidarlo, a ucciderlo? Si sarebbe sfogato. Lo scandalo non avrebbe nociuto al suo onore: gli nuoceva di più l’inazione.

— Il mondo rispetta quelli che si vendicano. La prepotenza e l’astuzia si impongono alla stima: i generosi e i vigliacchi vanno facilmente confusi.

Perchè mai la natura non gli aveva data alcuna buon’arma di difesa, nè prepotenza, nè astuzia, nè vanità?

Gli sovveniva un particolare, di alcuni anni addietro, che gli aveva dato la misura della propria forza e della propria debolezza. La Società del Quartetto di Milano, società a cui egli apparteneva, aveva fatto venire un sommo pianista, e tutti accorrevano ad ascoltarlo, e tutti parlavano della sua abilità e della sua arte insuperabile. Egli pure vi andò; e, tornato a casa, suonò gli stessi pezzi, stranamente sorpreso di non sentirsi inferiore. Che vita diversa, se avesse avuto il coraggio di esporsi al pubblico la forza d’imporsi, la vanità necessaria per disprezzare le critiche e sfidare gli emuli!

Non poteva. La sola idea della notorietà lo spaventava, come lo spaventavano gli obblighi di società, le finzioni, le adulazioni. Era un infelice, predestinato a oscure battaglie, a dolorose vittorie.