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preparativi necessari. Alcune lettere suggellate stavano sulla sua scrivania. Molte carte, fatte a brandelli, finivano di bruciare nel caminetto. Pareva calmo; solo le guance pallidissime e la fiamma degli occhi, bruni e incavati, tradivano una profonda commozione. La morte non lo spaventava; nè in quell’ora, la vita poteva sorridergli. Il pensiero di Cleofe lo torturava. Disonorata per lui e irremissibilmente rapita al suo amore! Non avrebbe mai immaginata una simile soluzione. Pensava agli amari insulti del marito, all’umiliazione inaspettata di lei, a quella assoluta mancanza di dignità; e gli antichi sospetti, soffocati dalla passione, si rifacevano vivi nel suo cuore straziato. Ma non poteva cessare di amarla.

Gli aveva dischiuso il cielo: per lei sola al mondo aveva gustata la divina ebbrezza. Non a lui spettava di giudicarla.

Nel medesimo tempo, la perduta amicizia di Leopoldo era una lama acuta che gli dilaniava le viscere. Avere ottenuto la stima e l’amicizia di quell’uomo e perdere tutto così, miseramente!

— Gli ho offerto la mia vita — diceva tra sè — ma egli non sa che farne. E ha ragione. Quand’anche mi uccidesse, cosa cambierebbe? Il male fatto non si cancella, il tradimento non si lava neppure col sangue!

Squillò il campanello, in quel mentre.

Egli andò ad aprire perchè era solo in casa, e fu assai stupito vedendo la cameriera di Cleofe.