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Verso la fine del pranzo arrivò inaspettata la prima giovine di una tra le più rinomate fascettaie milanesi. La cameriera venne a dire che la giovine aspettava e aveva fretta. Era stata a casa Trombini dove l’avevano trattenuta un certo tempo, e ora aveva paura di perdere la corsa.

Portava tre fascette in prova.

Annetta, contenta di muoversi, disse subito alla madre:

— Andiamo. Tanto, il pranzo è finito. Faremo presto e saremo qui per il caffè. Dov’è la bustaia, Elisa?

— In camera sua, signorina.

— Andiamo, mamma.

La signora Cleofe si alzò da tavola con una certa titubanza. Senza ben sapere il perchè, quei due uomini soli, uno di fronte all’altro, la mettevano in apprensione.

Uscì lentamente, rivolgendo un’occhiata di raccomandazione a Brussieri. Che avesse pazienza!

Egli la rassicurò con un impercettibile sorriso.

Annottava. Il servo aveva chiuse le imposte e accese le lampade fin dal principio del pranzo, per evitare la noia di una scialba luce crepuscolare. Nel caminetto ardeva la buona legna secca e la fiamma si alzava crepitando.

L’ambiente era tepido, piacevole, gaio.

I due uomini tacevano.