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un avviso e volgeva intorno lo sguardo ansioso, in cerca di un amico, di un conoscente, di un rivelatore.

Sempre con questo pensiero, la mattina del dì seguente, che era il giovedì santo, ella uscì dal carrozzone per andare alla messa. Fece un giro per la città e entrò nel bellissimo Duomo. La sua mente viaggiava, ritornava all’anno addietro, a Melegnano, a quella bella mattina d’aprile, in cui, quasi alla stess’ora, andava in piazza Castello, in compagnia di Annetta che smaniava di vedere il Brussieri.

Strano effetto del tempo e degli avvenimenti, quella mattinata le pareva lontanissima e pur tanto vicina! Le case, il paesaggio, l’aria, la luce, il suo stato d’animo e quello di Annetta, il contegno di Paolo, tutto risorgeva nella sua memoria, e prendeva forma sotto ai suoi occhi, con una evidenza, una realtà viva e saliente, che la faceva fremere di commozione.

Ma appena il suo pensiero si arrestava in una riflessione cercando di riannodare al presente, quel passato così vicino, la prodigiosa visione precipitava in una profonda oscurità. Tutta una vita era chiusa per lei fra quei due aprili, nel volgere di quell’annata: tutta la sua vita infranta. Invano tentava di avvicinare quelle due estremità: un abisso la separava.

Quanti anni, quanti anni! Avrebbe dovuta essere vecchia, avere i capelli bianchi, il corpo disfatto...

Appena uscita dalla chiesa si avviò verso il borgo;