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il Von Roth; ai ricordi lontani, confusi, tristi eppure carissimi, della prima età.

Come tante volte, ella faceva grandi sforzi d’immaginazione per rappresentarsi le figure di coloro che alla sua memoria si riaffacciavano solamente quali ombre incerte e sbiadite.

— Babbo mio, mamma mia, veri, dove siete? Perchè mi avete abbandonata? — gemeva la povera anima avida di tenerezza. — Vorrei essere con voi, patire la fame e il freddo, ma essere con voi!

Anche l’Annetta si smarriva in dolci e dolorose rievocazioni. La testa china, il viso nascosto nelle mani larghe e paffute, ella ritornava al colloquio con Paolo Brussieri. Risentiva le smanie pungenti, le dolci speranze, i tormentosi dubbi. E a poco a poco le speranze languivano, i dubbi trionfavano e il cuore stanco ricadeva nello sconforto; presentiva l’amara delusione cui andava incontro. No, egli non l’amava! Non l’avrebbe mai più amata... ed ella sarebbe morta o impazzita... se non trovava in se stessa la volontà e la forza di guarire.

L’ufficiante leggeva il Passio. I chierici e alcuni del popolo — quelli che sapevano leggere — rifacevano le turbe. L’organo taceva, la chiesa si empiva di tristezza e di noia.

Passava una lunga ora. L’organo finalmente ripigliava. Era vicino il mezzogiorno. Il sole alto in cielo penetrava nella chiesa.