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Leopoldo migliorava visibilmente dopo il ritorno di Emma, nonostante le noie e le ansie del dibattimento.

Annetta scriveva di rado dacchè si era fidanzata al barone Cabruso. Cleofe mai. E nessuno la nominava come se non fosse mai esistita.

Le lettere di Annetta erano dirette a zio Marco: Leopoldo le leggeva qualche volta. La fanciulla non faceva alcun accenno alla morte di Paolo, nè al processo: fuggiva gli argomenti penosi. Parlava spesso del suo promesso sposo — un milionario di quarantanni — come di un uomo perfetto, c del suo matrimonio come di un affare. Qualche volta, ella aveva anche dei motti pungenti per le ragazze che cercano l’amore nel matrimonio, e delle allusioni sarcastiche al tempo in cui ella voleva morire perchè non si credeva abbastanza amata. Miserie della vita di provincia!

— Vedi? — diceva Marco Fabbi a Emma — Avevo ragione io! Capricci, puntigli. Allora l’amore: adesso, il milione. Vedremo in seguito.

Emma ascoltava stupita e il suo bel viso si rattristava. Per quei puntigli, per quei capricci, Paolo non l’aveva sposata, lei; e Leopoldo era un omicida.

Una mattina di maggio essi erano tutti riuniti nel giardino dello stabilimento, aspettando la carrozza che doveva condurli al palazzo del tribunale. Una inesprimibile inquietudine li agitava: quel giorno, i giurati dovevano pronunciare il loro verdetto.