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Un lungo bisbiglio la salutò. Così il pubblico le di ceva tutte le mattine l’interesse che in esso destava.

Ella era pallida. Nel suo pallore spiccavano le labbra rosse e i grandi occhi neri, che le angustie e le commozioni avevano contornato di un cerchio livido. Un semplice vestito di lana azzurra disegnava la sua elegante figuretta; e la cappottina di tulle dello stesso colore, le dava una grande aria di distinzione.

L’avvocato — una vera celebrità fra i giovani avvocati penali — la salutò prima di cominciare a parlare.

Questo era un oratore incisivo, potente. Parlò rapido, con idee larghe, elevate, battendo in breccia l’avvocato avversario. Un capolavoro lo schizzo del Brussieri, calcato sulle parole stesse dell’avversario, e il ritratto di Leopoldo Mandelli, buono, generoso, illibato, che dopo tanti fastidi, tanti prove di forza e di longanimità, cede, in un istante di acciecamento, all’impulso istintivo di un uomo onesto, vigliaccamente insultato.

Il breve discorso fu molto applaudito. Ma il presidente impose subito silenzio alla sala e rivolse ai giurati la domanda di rigore: «Avete bisogno di altri schiarimenti?» La risposta fu negativa. Tuttavia, il presidente riepilogò in brevi tratti tutto il processo, dilucidando i punti più oscuri.

Pochi ascoltavano. L’inquietudine e la trepidanza